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Col du Galibier: guida completa alla salita leggendaria

🏔️ Col du Galibier – L’alta montagna per eccellenza

Il Col du Galibier è molto più di un semplice passo alpino: è un monumento della storia del ciclismo, un luogo in cui la fatica si intreccia con il mito e dove ogni tornante sembra custodire un ricordo di imprese epiche. Situato tra la Savoia e le Hautes-Alpes, nel cuore più selvaggio e autentico delle Alpi francesi, il Galibier incarna l’essenza pura dell’alta montagna.

Qui l’aria si fa sottile, il silenzio è assoluto e il paesaggio si apre in un vasto anfiteatro di rocce, ghiacciai e vallate che sembrano non finire mai. Le sue pendenze dure e implacabili mettono alla prova anche i ciclisti più preparati, mentre l’altitudine e l’imprevedibilità del clima aggiungono un ulteriore elemento di sfida. Ma è proprio questa combinazione di bellezza e severità che rende il Galibier un luogo quasi sacro, una meta di pellegrinaggio per chi cerca non solo una salita, ma un’esperienza.

Pedalare o anche solo raggiungere il Col du Galibier significa confrontarsi con i propri limiti, immergersi in un ambiente grandioso e vivere un frammento di quella leggenda che, da oltre un secolo, affascina corridori, appassionati e viaggiatori da ogni angolo del mondo. Qui, più che altrove, la montagna non è solo un luogo: è una storia che continua a scriversi.

Col du Galibier: guida completa alla salita leggendaria
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📍 Dove si trova e caratteristiche tecniche

Il Col du Galibier si innalza imponente nel cuore delle Alpi francesi, fungendo da maestoso collegamento tra la valle della Maurienne, con punto di riferimento a Saint-Michel-de-Maurienne, e la valle della Guisane, che conduce verso Briançon e il Col du Lautaret. La sua posizione, incastonata tra i dipartimenti della Savoia e delle Hautes-Alpes, lo rende uno dei valichi più iconici e spettacolari dell’intero arco alpino.

Altitudine: 2.642 metri s.l.m.
Regione: Alpi francesi (Savoia – Hautes-Alpes)
Coordinate: 45°03′ N, 6°24′ E
Periodo di apertura: generalmente da giugno a ottobre, con chiusura invernale dovuta alle abbondanti nevicate che rendono il passo impraticabile.

Raggiungere la cima del Galibier significa affrontare una salita che, a seconda del versante scelto, può variare dai 17 ai 35 chilometri, con una pendenza media che oscilla tra il 6 e il 7% e punte, in alcuni tratti finali, che arrivano al 12%. Sono numeri che descrivono bene la durezza del valico, ma non riescono a catturare del tutto la sensazione di vastità e di sfida che lo caratterizza.

Il passo è raggiungibile tramite due grandi versanti, ciascuno con una sua identità precisa:

Versante Nord – da Saint-Michel-de-Maurienne via Col du Télégraphe

È il lato più classico, quello scolpito nella memoria collettiva del ciclismo. Una salita lunga e progressivamente più impegnativa, che somma 34,8 km e 2.120 metri di dislivello. Dopo il Col du Télégraphe, la strada si apre verso Valloire e poi risale con decisione fino ai tornanti finali, duri e spettacolari, che portano al valico.

Versante Sud – da Briançon via Col du Lautaret

Un'ascesa più dolce nelle pendenze, ma tutt'altro che banale. Da Briançon si risale fino al Col du Lautaret con pendenze regolari, poi la strada si impenna nel tratto finale verso il Galibier, regalando panorami vastissimi e un crescendo di fatica. Sono 23 km con 1.245 metri di dislivello, ideali per chi cerca una salita impegnativa ma più gestibile rispetto al versante nord.

Col du Galbier: Storia della salita leggendaria

🕰️ Un po’ di storia

Il Col du Galibier fu aperto al traffico nel 1891, ma la sua vera consacrazione arrivò con il Tour de France. È grazie alla Grande Boucle che questo passo si trasformò da semplice strada d’alta quota a palcoscenico leggendario, dove generazioni di corridori hanno scritto alcune delle pagine più epiche dello sport mondiale.

La prima apparizione del Galibier al Tour risale al 1911, in un’epoca in cui il ciclismo era ancora un’avventura estrema: biciclette pesanti, prive di cambio, strade sterrate e condizioni climatiche imprevedibili. I corridori scalavano la montagna quasi come pionieri, tra polvere, freddo e fatica brutale. Quel giorno, la salita del Galibier non fu solo una prova sportiva, ma un passaggio iniziatico che cambiò per sempre la percezione della montagna nel ciclismo.

Henri Desgrange, giornalista visionario e fondatore del Tour, rimase talmente colpito dalla maestosità e dalla severità del valico da definirlo “un gigante che obbliga gli uomini a superarsi”. Le sue parole contribuirono a costruire il mito del Galibier, trasformandolo in un simbolo di sfida e sacrificio.

Non è un caso che a pochi metri dal passo si trovi un monumento dedicato proprio a Desgrange: una stele che ricorda non solo la sua figura, ma anche il rapporto profondo e quasi spirituale tra il Tour de France e questo colosso alpino. Ogni volta che la corsa passa di qui, il Galibier non è semplicemente una salita: è un ritorno alle origini, un omaggio all’epica che ha reso il ciclismo quello che è oggi.

Col du Galibier: guida completa - imprese leggendarie

🚴 Le imprese leggendarie del Tour de France

Il Galibier non è soltanto una montagna: è un giudice supremo, una sorta di tribunale dell’alta quota che in oltre un secolo di Tour de France ha messo a nudo la vera essenza dei corridori. Qui, dove l’aria si assottiglia e il vento taglia come una lama, ogni debolezza viene amplificata e ogni atto di coraggio risplende con una forza quasi sovrannaturale.
Il Galibier è un luogo in cui la storia non si legge: si respira. Le sue rampe raccontano di campioni che hanno sfidato la logica, di attacchi impossibili nati nel gelo, nella pioggia o sotto un sole implacabile, di sogni costruiti chilometro dopo chilometro e di ambizioni dissolte in un istante. È una montagna che non regala nulla, ma che restituisce tutto a chi trova la forza di osare.
Ogni epoca del Tour ha trovato sul Galibier il proprio eroe: uomini che, nel momento più duro, hanno saputo trasformare la fatica in leggenda. Le imprese compiute su queste rampe non sono semplici episodi sportivi: sono capitoli epici, entrati nel mito del ciclismo e destinati a vivere per sempre nella memoria degli appassionati.

Col du Galibier: Borraccia Coppi - Bartali

🔹 Fausto Coppi (1952)

Il 4 luglio 1952, Fausto Coppi consegnò alla storia quella che molti considerano non solo la più grande impresa della sua carriera, ma una delle più epiche mai realizzate su una bicicletta. Il Galibier, quel giorno, non era una semplice montagna: era un avversario spietato. Una tempesta di neve e ghiaccio flagellava il passo, trasformando la strada in un labirinto di freddo, vento e fatica. Condizioni che avrebbero scoraggiato chiunque. Chiunque, tranne Coppi.
Il “Campionissimo” scelse proprio quel momento per attaccare. Con la sua pedalata elegante, quasi irreale in un contesto così brutale, lasciò uno a uno i rivali senza risposte. Sembrava danzare sulle rampe gelate, sfidando gli elementi con una leggerezza che contraddiceva la violenza della tempesta. In pochi minuti scavò un abisso tra sé e il gruppo, trasformando la salita in un palcoscenico dove soltanto lui era protagonista.
Raggiunta la vetta, invece di cedere alla fatica o al freddo, Coppi proseguì in un’impresa quasi sovrumana: 92 chilometri di fuga solitaria, fino al traguardo di Sestrière. Un gesto di forza, classe e coraggio che ancora oggi incute rispetto e meraviglia.
Le fotografie in bianco e nero raccontano meglio di qualsiasi parola quel momento: il suo volto scavato, gli occhi infossati, la maglia bianca zuppa di neve e ghiaccio, ma ancora saldamente incollata al suo corpo sottile e scolpito dalla fatica. Quelle immagini sono diventate icone, simboli di un’epoca e di un modo di interpretare il ciclismo che oggi appare quasi mitologico.
Da quel giorno, il nome di Coppi si è fuso per sempre con quello del Galibier. Una montagna e un campione uniti nella leggenda, in un racconto che continua a ispirare generazioni di appassionati.

🔹 Marco Pantani (1998)

Il 27 luglio 1998 il Galibier tornò ad essere teatro di una delle giornate più indimenticabili della storia del Tour. La scena era cupa e ostile: pioggia battente, temperature rigide, cielo plumbeo e strade che sembravano sciogliersi sotto l’acqua. In quel contesto quasi infernale, Marco Pantani scelse di sfidare non solo gli avversari, ma la montagna stessa.
Il Pirata attaccò lontanissimo dal traguardo, sulle prime rampe del versante più severo. Era un gesto che andava oltre ogni logica tattica: un colpo di genio e follia, di coraggio puro. Nessuno si aspettava una mossa così lontana dall’arrivo. Eppure Pantani, sotto quel casco giallo gocciolante di pioggia, aveva già deciso di cambiare il Tour.
La sua accelerazione fu devastante. Quasi subito Jan Ullrich, il campione in maglia gialla e dominatore della corsa, iniziò a perdere terreno. Chilometro dopo chilometro, Pantani scavò un distacco che sembrava impossibile: minuti di vantaggio costruiti sotto l’acqua, nel freddo, nella nebbia, in un’atmosfera da epopea classica.
Sul Galibier, Pantani pedalava come sospinto da una forza superiore. Le immagini di quel giorno lo ritraggono curvo sul manubrio, la bandana inzuppata, il viso scavato ma determinato, la bici che sfreccia mentre attorno imperversa la tempesta. La salita non lo rallentò: lo esaltò. Fu una scalata che appartiene più al mito che alla cronaca sportiva.
Arrivato in cima, Pantani non si voltò mai. Lanciato verso Les Deux Alpes, completò un’opera titanica. Quel giorno conquistò la maglia gialla che avrebbe portato fino a Parigi, scrivendo una delle pagine più emozionanti del ciclismo moderno.
La tappa Grenoble–Les Deux Alpes rimane ancora oggi un capitolo sacro per ogni appassionato: un racconto di audacia, sofferenza e grandezza. Una di quelle imprese rare, capaci di cambiare per sempre il modo in cui guardiamo un campione… e una montagna.


🔹 Andy Schleck (2011)

Nel 2011, cento anni esatti dopo la prima inclusione del Galibier nel Tour de France, la montagna tornò a essere protagonista assoluta con un evento rarissimo: un arrivo di tappa posto direttamente in vetta, a 2.642 metri, nel cuore della leggenda. Era come se la corsa volesse rendere omaggio alla storia, riportando i corridori là dove il ciclismo diventa mito.
In quel contesto solenne, Andy Schleck scelse la via più ardua e gloriosa. Invece di aspettare gli ultimi chilometri, attaccò sul Col d’Izoard, a una distanza folle dal traguardo. Una decisione che aveva il sapore delle imprese d’altri tempi, quelle che si osano solo quando si sente dentro una forza particolare, un richiamo quasi eroico.
La sua fuga fu una lunga cavalcata solitaria attraverso due colli iconici, percorsa con determinazione feroce e una lucidità sorprendente. Schleck pedalava con eleganza e rabbia sportiva, mentre dietro il gruppo dei migliori oscillava tra indecisione e inseguimento disperato. Più il traguardo si avvicinava, più la montagna diventava crudele: l’altitudine mordeva, il vento tagliava, le gambe urlavano. Ma il lussemburghese non cedette di un millimetro.
Gli ultimi chilometri del Galibier, tra tornanti stretti e rocce nude, sembravano scolpiti apposta per esaltare la grandezza della sua impresa. Quando Andy Schleck sbucò in cima, tra due ali di tifosi increduli ed esaltati, il suo volto raccontava tutto: sofferenza, orgoglio, e la consapevolezza di aver compiuto qualcosa di destinato a durare.
La sua vittoria fu una pagina di ciclismo puro, quasi nostalgico: un ritorno all’audacia, al rischio, all’orgoglio dello sforzo solitario. Un gesto che rievocava l’epoca dei pionieri, dimostrando che anche nel ciclismo moderno, dominato dalla tattica e dalla tecnologia, c’è ancora spazio per i sogni folli e per le imprese che diventano leggenda.

Col du Galibier: Panorami e ambiente naturale
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🏞️ Panorami e ambiente naturale

Dal Col du Galibier lo sguardo si perde in uno dei panorami più grandiosi e teatrali di tutte le Alpi. A nord si distendono le ampie valli della Maurienne, modellate da secoli di ghiacci e torrenti. A sud, invece, il profilo imponente della Meije (3.984 m) domina l’orizzonte con le sue pareti verticali, mentre l’intero massiccio des Écrins si apre come un vasto scenario d’alta quota fatto di ghiacciai scintillanti, creste affilate e cime che superano i quattromila metri.

L’ambiente, qui, è puro e severo: il vento percorre le creste con forza, il silenzio è quasi totale e la sensazione di isolamento dona alla montagna un carattere quasi mistico, come se il tempo scorresse più lentamente.

In estate, i versanti intorno al passo si trasformano in un mosaico di prati fioriti: genziane, rododendri, stelle alpine e un’infinità di piccoli fiori colorati punteggiano i pendii, mentre le marmotte fischiano tra le rocce e si affacciano curiose dai loro rifugi. In autunno, il paesaggio cambia volto: le vallate si vestono di sfumature dorate, aranciate e ramate che, illuminate dal sole basso, rendono la salita un’esperienza quasi spirituale.

Ma l’alta montagna non concede mai tregua. Anche nelle giornate più limpide di luglio la temperatura può precipitare improvvisamente sotto lo zero, complice l’altitudine e il vento che domina il passo. Per questo è fondamentale affrontare il Galibier con l’attrezzatura adeguata: guanti, antivento, maglie termiche e uno strato protettivo sempre a portata di mano. Qui, il clima cambia in un attimo, e la prudenza è parte integrante dell’avventura.

Col du Galibier: itinerario versante Nord

🧭 Itinerario dettagliato – Versante Nord

Partenza: Saint-Michel-de-Maurienne (710 m)
Tappa intermedia: Col du Télégraphe (1.566 m)
Arrivo: Col du Galibier (2.642 m)

Il versante nord del Galibier è la salita “classica”, quella che incarna lo spirito più autentico delle grandi montagne alpine: lunga, progressiva, sempre più imponente man mano che ci si avvicina alla vetta. È un itinerario che alterna natura, storia e fatica pura, con una bellezza che cresce chilometro dopo chilometro.

Saint-Michel-de-Maurienne → Col du Télégraphe → Valloire

17,5 km – 856 m di dislivello

La salita inizia dolce ma determinata, con pendenze che si stabilizzano ben presto attorno al 7%. La strada si inoltra nei boschi, offrendo ombra e silenzio, mentre i tornanti si snodano regolari. È una prima parte ideale per trovare ritmo e costanza, senza strappi violenti ma con un impegno continuo.

Arrivati al Col du Télégraphe, la vista si apre verso le montagne circostanti. Da qui, una breve ma piacevole discesa accompagna fino a Valloire (1.430 m), un caratteristico villaggio alpino che rappresenta la frontiera tra la salita “umana” e quella veramente alpina. I 5 km di falsopiano sono un’occasione per respirare, alimentarsi e prepararsi al tratto decisivo.

Valloire → Sommità del Galibier

18 km – 1.212 m di dislivello

Usciti da Valloire, la strada cambia subito carattere. La valle si stringe, la vegetazione si dirada e la montagna si fa subito più severa. Le pendenze salgono gradualmente fino a stabilizzarsi su valori impegnativi, spesso oltre l’8%.

Gli ultimi 8 km rappresentano il cuore della salita: qui il Galibier rivela tutto il suo volto più autentico e implacabile. La strada diventa una lunga serpentina di curve e controcurve, con tratti duri, punte al 12% e pochissimi punti di recupero. L’altitudine inizia a farsi sentire, il vento può diventare un compagno scomodo e la montagna appare sempre più nuda.

Gli ultimi 3 km sono indimenticabili: l’ambiente si trasforma in un paesaggio quasi lunare, fatto di rocce grigie, pendii ripidi e silenzi assoluti. Ogni tornante regala un nuovo scorcio sul vallone sottostante, mentre la cima sembra avvicinarsi e allontanarsi allo stesso tempo.

L’arrivo al Col du Galibier è un’esplosione di emozioni: stanchezza, orgoglio, e la sensazione di aver conquistato non soltanto un passo alpino, ma un pezzo di storia ciclistica.

Col du Galibier: itinerario versante Sud

🧭 Itinerario – Versante Sud

Partenza: Col du Lautaret (2.058 m)
Arrivo: Col du Galibier (2.642 m)
Lunghezza: 8,5 km
Pendenza media: 6,9%

Il versante sud del Galibier è più breve rispetto a quello settentrionale, ma non per questo meno suggestivo. Inizia dal Col du Lautaret, ampio valico alpino contornato da prati d’alta quota e dominato da panorami spettacolari sul massiccio des Écrins. Qui l’aria è già rarefatta e il paesaggio ha un carattere tipicamente d’alta montagna: la strada si insinua tra pendii erbosi, rocce chiare e lingue di neve che resistono fino all’estate.

La salita procede sin da subito con pendenze regolari ma costanti, che oscillano attorno al 7%. L’andamento lineare permette di trovare un buon ritmo, ma l’altitudine e l’esposizione possono rendere il tratto più impegnativo del previsto, soprattutto nelle giornate ventose.

Uno dei punti più iconici dell’itinerario è il tunnel del Galibier, costruito nel XIX secolo e situato poco sotto la vetta. Il tunnel è vietato alle biciclette, costringendo i ciclisti a deviare verso il tratto storico che porta al vecchio passo. È proprio qui che la salita cambia carattere: la strada diventa più ripida, le curve si fanno strette e il panorama si apre in tutta la sua maestosità.

Questa rampa finale, più esposta e più dura, regala però la ricompensa più grande: l’arrivo al vecchio valico, un balcone naturale da cui lo sguardo spazia su tutta la catena degli Écrins, sulla Meije e sulle valli che si diramano ai piedi del gigante. L’ultimo chilometro, pur impegnativo, è un concentrato di emozioni, dove la fatica si mescola alla grandiosità del paesaggio.

Raggiungere la sommità dal versante sud significa vivere un’esperienza intensa ma accessibile: una salita breve, regolare, spettacolare, ideale per chi vuole assaporare il fascino del Galibier senza affrontare le durissime pendenze del versante nord.

Col du Galibier: guida completa

💡 Consigli per affrontare la salita

Affrontare il Galibier è un’esperienza affascinante ma impegnativa, che richiede preparazione, prudenza e un minimo di strategia. Ecco alcuni suggerimenti per viverla al meglio.

Periodo ideale

Il momento migliore per salire il Galibier va da fine giugno a inizio settembre, quando il passo è quasi sempre aperto e la neve non rappresenta un ostacolo. A inizio stagione e a fine estate possono esserci ancora tratti ghiacciati o temperature molto rigide: è sempre consigliabile informarsi sulle condizioni prima di partire.

Partire presto

Le ore del mattino sono perfette per affrontare la salita: l’aria è più fresca, il vento generalmente più debole e il traffico automobilistico molto ridotto. Durante le ore centrali della giornata, soprattutto in alta stagione, la strada può diventare più affollata, rendendo la pedalata meno piacevole e la discesa più delicata.

Equipaggiamento

Sul Galibier il meteo può cambiare in un attimo. Anche in luglio o agosto è frequente trovare temperature vicine o sotto lo zero, vento forte o improvvisi rovesci. Porta sempre con te:

  • antivento o guscio impermeabile,
  • strato termico leggero,
  • guanti lunghi,
  • manicotti o gambali,
  • copri scarpe nelle giornate più fresche.

Meglio abbondare che ritrovarsi congelati in quota o durante la discesa.

Acqua e alimentazione

La salita è lunga, esigente e con poche possibilità di rifornimento.

  • Sul versante nord, l’ultimo punto affidabile è Valloire.
  • Sul versante sud, l’ultima sosta utile è al Col du Lautaret.

È fondamentale partire con borracce piene e qualche integratore solido o gel: affrontare l’ultimo tratto con glicemia bassa può trasformare la scalata in un calvario.

Allenamento e gestione dello sforzo

Il Galibier è una salita che premia la gestione regolare: non bisogna strafare nei primi chilometri.
Prediligi rapporti agili (34x30 o equivalenti) per mantenere una cadenza costante e limitare l’accumulo di fatica, soprattutto oltre i 2.000 metri dove il fiato inizia a mancare.

Ricorda: è una salita lunga, che richiede pazienza e ritmo più che scatti di forza.

Sicurezza in discesa

La discesa dal Galibier è spettacolare, ma anche insidiosa.
Il vento laterale può essere molto forte, la temperatura scende rapidamente e l’asfalto non sempre è perfetto, soprattutto in quota. Approcciala con calma, ben coperto, e mantieni una guida fluida senza frenate brusche.

Col du Galibier: Curiosità

⚙️ Curiosità e aneddoti

Il Col du Galibier non è soltanto un gigante alpino: è un luogo ricco di storie, tradizioni e piccoli dettagli che contribuiscono al suo fascino senza tempo.

  • Origine del nome
    Il termine Galibier deriva dall’occitano galiber, che significa “monte coperto di neve”. Un nome che descrive perfettamente la montagna, spesso imbiancata anche nei mesi più caldi.

  • Un gigante tra i giganti
    Con i suoi 2.642 metri, il Galibier è il quinto passo asfaltato più alto delle Alpi francesi, superato solo da pochi colossi. La sua altitudine contribuisce alla fama di passo severo e imprevedibile.

  • Un inverno estremo
    Durante la stagione invernale il passo scompare letteralmente sotto la neve: il manto può raggiungere e superare i 6 metri di altezza, rendendo il valico impraticabile per diversi mesi. È uno dei motivi per cui l’apertura estiva varia così tanto di anno in anno.

  • Il tunnel del Galibier
    Costruito nel 1891 e lungo 365 metri, il tunnel rappresentò un’opera d’ingegneria ambiziosa per l’epoca. Oggi è ancora aperto alle auto, ma vietato alle biciclette: i ciclisti devono affrontare l’ultimo tratto verso il vecchio passo, più panoramico… e più duro.

  • Il tributo a Henri Desgrange
    A pochi metri dalla cima si trova una targa dedicata a Henri Desgrange, padre del Tour de France. È un simbolo del legame indissolubile tra la corsa francese e questa montagna, che Desgrange considerava una sorta di prova suprema per i corridori.

  • Clima da vero alta quota
    Anche in piena estate, il Galibier ricorda a tutti la sua natura selvaggia: in luglio la temperatura media in vetta è appena di 5°C, e non sono rari i giorni in cui si scende sotto lo zero. Un dettaglio che rende la salita un’esperienza autenticamente alpina.
Col du Galibier: Cosa vedere e fare nei dintorni

🏡 Cosa vedere e fare nei dintorni

I dintorni del Galibier offrono un ventaglio sorprendente di paesaggi, borghi storici e luoghi perfetti per chi ama la montagna in tutte le sue forme. Non è solo un territorio da scalare, ma anche da vivere, esplorare e assaporare con calma.

Valloire

Questo grazioso villaggio alpino, incastonato tra montagne imponenti e prati fioriti, è un punto di riferimento per ciclisti, escursionisti e famiglie. Le sue vie tranquille, le case in pietra e legno e l’atmosfera tipicamente savoiarda lo rendono un luogo accogliente dove rilassarsi dopo una lunga giornata in sella. È anche una base ideale per trekking panoramici e attività outdoor durante tutto l’anno.

Briançon

La città fortificata più alta d’Europa, dichiarata Patrimonio UNESCO, è un gioiello architettonico e storico. Le imponenti fortificazioni di Vauban, le stradine ripide e lastricate, le fontane e i bastioni panoramici raccontano secoli di storia alpina. Da qui si gode una vista splendida sulle montagne circostanti, mentre la città vecchia offre un’atmosfera vivace ricca di caffè, botteghe e ristoranti tradizionali.

Parc National des Écrins

Uno dei parchi naturali più selvaggi e spettacolari di tutta la Francia. Qui il paesaggio cambia rapidamente: ghiacciai sospesi, cascate, laghi alpini, valloni silenziosi e una fauna sorprendente, tra cui stambecchi, camosci, marmotte e rapaci. È un paradiso per fotografi, appassionati di natura ed escursionisti che cercano itinerari immersivi e poco affollati.

Col du Télégraphe e Col de l’Izoard

Due salite che, insieme al Galibier, formano uno dei triangoli mitici del ciclismo alpino.

  • Il Télégraphe è un’ascesa regolare, ombreggiata e ideale come “riscaldamento” prima del gigante Galibier.
  • L’Izoard, con i suoi scenari unici della Casse Déserte, è una montagna dura e spettacolare, spesso teatro di epiche battaglie del Tour de France.

Combinare questi tre colli in un’unica uscita significa vivere un percorso da ricordare per tutta la vita: un vero itinerario epico tra storia, fatica e paesaggi grandiosi.

Col du Galibier: Panoramica

❤️ Il fascino eterno del Col du Galibier

Il Col du Galibier non è semplicemente una montagna da affrontare: è un’esperienza che incide nella memoria, una prova di carattere che va oltre la pura prestazione fisica. Qui, tra pietra, vento e cielo, ogni tornante diventa un dialogo con sé stessi. Le rampe ripide raccontano le imprese dei campioni, ma anche le storie silenziose di migliaia di ciclisti anonimi che, spinti dalla passione, dalla curiosità o dal bisogno di sfidare i propri limiti, cercano di conquistare la vetta.

Salire il Galibier significa entrare in un’altra dimensione: l’aria si fa più sottile, i suoni si attenuano, il panorama si apre passo dopo passo. A chi riesce a raggiungerne la sommità, il gigante alpino regala una delle sensazioni più autentiche e primitive che la montagna possa offrire: la libertà assoluta. Il vento freddo sul volto, il cielo che sembra vicinissimo, la distesa infinita delle Alpi che si svela in tutta la sua imponenza: è un momento che rimane scolpito nel cuore.

Per questo il Galibier è considerato molto più di una salita. È una cattedrale del ciclismo, un luogo sacro dove fatica, storia e bellezza si uniscono in un modo unico e irripetibile. Chi ci è salito lo sa: il Galibier non si dimentica. Ti accompagna, ti ispira, ti richiama.
È e resterà per sempre l’alta montagna per eccellenza, simbolo di grandezza e di emozioni senza tempo.

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